Guardando al Festival della Missione.

Racconto da parte della Commissione Missionaria Decanale Niguarda Zara, che nei mesi scorsi si è incamminata verso l’evento, coinvolgendo le diverse comunità del decanato.

Dal 29 settembre al 2 Ottobre si è tenuto a Milano il Festival della Missione, alle colonne di San Lorenzo, organizzato da CIMI (Conferenza Istituti Missionari Italia), Missio (Organismo Pastorale della Conferenza Episcopale Italiana) e dall’Arcidiocesi di Milano.

Un Festival, quello della Missione, atteso, preparato nei dettagli, coinvolgente, pieno di colori, di emozioni, di creatività, di incontri significativi, di contributi stimolanti. Laboratori, proiezioni, testimonianze, spettacoli, mostre, percorsi artistici e occasioni preziose di spiritualità, hanno portato tanta ricchezza in piazza, alla portata di tutti, stimolando ad allargare gli orizzonti, a riflettere sul senso della nostra esistenza e a creare una nuova mentalità fondata sulla fraternità universale.
Lo slogan del festival è stato: Vivere per dono.

L’esperienza del festival al primo impatto è stata quella di una gioiosa presenza, che ha invaso il cuore della zona della “movida” milanese. Una forte testimonianza in città dell’esperienza missionaria, da parte delle persone che hanno cura dell’altro, che si è anche manifestata allegramente con la processione da Sant’Eustorgio alle colonne di San Lorenzo, mentre una colorata palla-mondo veniva rimbalzata tra i partecipanti al suono di “When the Saints go marching in”.

Un momento di spiritualità molto intenso si è svolto nella Chiesa di S Eustorgio. Il suo titolo era “Per un’altra strada-Il dono dei Magi”. A Fianco al sarcofago che ne ha trasportato i corpi in Italia, si è svolto un incontro organizzato dal Forum delle Religioni di Milano e il Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano. Monsignor Derio Olivero, vescovo di Pinerolo, ha tenuto una riflessione sul tema della Ricerca. I Magi sono partiti alla ricerca di qualcosa di infinitamente grande, lasciando le loro sicurezze, hanno anche chiesto aiuto per trovare la via. E la ricerca è fortemente correlata all’identità: la vera identità, infatti, è essere in ricerca, essere io ed essere in cammino, e comprendere che il Signore che stiamo cercando è molto vicino e anche dentro di noi. Per noi, la ricerca è ecumenismo, dialogo interreligioso, missione.
Ha sottolineato, poi, che, rispetto a quanto facciamo e doniamo, è molto di più quello che riceviamo, a cominciare dal dono della vita (in latino il verbo nascere, nascor, è passivo).

Il Festival ha seminato quell’audacia missionaria tante volte evocata da Papa Francesco. Infatti molte sono state le testimonianze di esperienze missionarie, in Italia e nel mondo, dato che il missionario trova la sua frontiera dove riconosce il bisogno, sia vicino a sé che molto lontano.
Se ne riportano alcune.
Monsignor Giuseppe Satriano, arcivescovo di Bari-Bitonto, presidente della Commissione per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese, ha raccontato della sua esperienza di missione Fidei donum in Kenia. Vivere per dono esprime la gratuità della missione, l’identità cristiana che apre il cuore agli altri e diventa credibile. È necessario recuperare il valore del dono, ricontattando l’umano che ci sta intorno e l’identità e dignità nostra e degli altri, generando una convivialità delle differenze.
Bisogna credere e verificare che lo Spirito arriva prima di te: Monsignor Giuseppe aveva dovuto confrontare, in un incontro, la sua non-povertà con la totale mancanza del necessario della gente del Kenia. Una donna gli ha regalato la risposta: tu hai un cuore da povero. Similmente, un grande esempio della grandezza dei doni che riceviamo in anticipo dallo Spirito sta negli atti degli Apostoli, in cui Paolo si arricchisce del miracolo che Gesù compie in Lidia, che vuole essere battezzata.

Un incontro molto toccante è stato quello condotto da Mario Calabresi, tra Monica Pito e Don Luigi Ciotti.
Impressionante è stato sentire come entrambi questi giganti della missione e del dono di sé agli altri hanno sminuito se stessi: Monica dice io non sono niente, Don Luigi dice sono piccole cose.
E invece queste due persone hanno fatto grandi cose per combattere l’ingiustizia:
Monica è volontaria di Operazione Colomba: si tratta di volontari che accompagnano fisicamente, come scorta disarmata, gli abitanti di un villaggio che resiste ai guerriglieri che vorrebbero espropriarne le terre per farne coltivazioni per la droga. La loro presenza diventa fondamentale per preservare la vita di questi contadini. “La non violenza salva, essere disarmati salva”. Questa presenza, l’abitare i conflitti, costituisce una testimonianza dal forte peso politico, nel rispetto della vita, del lavoro, della terra e della pace.
Don Luigi ha raccontato della sua esperienza:

Gruppo Abele: Don Luigi si è unito agli emarginati in strada, vittime della droga, soprattutto giovani, che spesso finivano in carcere minorile o centri di rieducazione, da cui poi era difficile ripartire.

Ha poi affrontato il problema dell’AIDS, prima che fosse curabile, in cui ha dovuto “accompagnare” questi giovani al loro tragico destino.

Libera contro le mafie, nasce da un incontro con Giuseppe Falcone, due mesi prima che fosse ucciso: hanno stabilito di unirsi contro la criminalità, per non lasciare soli quelli che hanno problemi. In Libera collaborano persone provenienti da tutte le religioni.

Don Luigi si è sempre adoperato con una battaglia politica perché si facessero leggi, in particolare per l’uso sociale dei beni confiscati alla mafia e ha fatto uno sciopero della fame, al sesto ragazzo morto per droga, per la presa in carico delle persone dipendenti dalle droghe.
Per Don Luigi bisogna tornare alla radicalità del Vangelo, che è fede, etica (intransigente) e politica (servizio del bene comune).
Monica ha concluso che ” la speranza non è pensare o desiderare di arrivare a vedere ciò per cui si lavora e ci si spende, ma fare la cosa giusta”.

Suor Annamaria Panza ha raccontato la sua esperienza di 16 anni in Bangladesh, paese dell’acqua, sul delta del Gange. Paese poverissimo, molto densamente abitato, 160 milioni di persone su un’estensione di territorio che è un po’ meno di metà dell’Italia. Molti ragazzi al termine degli studi non trovano impiego, non vogliono lavorare nei campi e vanno in città alla ricerca di lavoro nell’industria tessile, che è in rapido sviluppo, ma impone salari minimi. Spesso sono minorenni, vivono in baracche affollate dove devono fare i turni per cucinare, lavarsi, lavare la biancheria, devono poi pagare l’affitto e mandare i soldi a casa. Se chiedono un aumento, vengono licenziati e immediatamente sostituiti da altri ragazzi che accettano il salario minimo. Nessuna sicurezza del lavoro è garantita, basta ricordare il cedimento strutturale dell’edifico di Rana Plaza, a Dakka, notoriamente pericolante, che aveva le industrie tessili ai piani alti. Nonostante l’evacuazione dei piani bassi per l’evidenza di crepe, i proprietari delle industrie tessili hanno imposto ai lavoratori di tornare il giorno successivo, pena il licenziamento e il mancato pagamento degli stipendi precedenti. Il crollo è avvenuto proprio il giorno successivo, in un minuto e mezzo, ci sono stati 1000 morti e 2500 feriti gravi.

Il culmine del narrato missionario è avvenuto nell’incontro:
Martirio, spreco o dono? condotto da Gerolamo Fazzini, che ha introdotto il dibattito affermando che il dono più grande è quello della vita intera. Il martirio sconcerta i non credenti, per loro rappresenta la forma di supremo spreco. È pietra di inciampo agli occhi di chi non ragiona secondo la fede, ma con la logica del mondo. Di fatto, il martirio è il segno di contraddizione più grande che il cristianesimo può testimoniare ieri come oggi, non si può comprendere se non si entra una logica di amore, e quindi il martirio è un grande segno di ecumenismo, quello del sangue.
Von Balthasar ha affermato che “Per il cristiano credente è vero che la sua vita si fonda su una morte vicaria, egli deve se stesso ad un Altro, egli è crocifisso con Cristo, il sacrificio della sua vita è un atto di riconoscenza, egli non muore per un’idea, sia pure elevata, egli muore con Qualcuno che è già morto precedentemente per lui”.
Padre Bernard Kinvi, Camilliano, ha raccontato la sua esperienza di missionario nella Repubblica Centrafricana, abitata prevalentemente da musulmani. Nel 2013, durante la guerra, non si è potuto fare a meno di aiutare tutti, di qualsiasi religione fossero, e anche i ribelli. Padre Bernard ha dovuto sfuggire a minacce armate. Ha aiutato i rifugiati a riparare in Camerun, da cui molti non potranno tornare, ma ogni giorno alla Consacrazione ringrazia il Signore per la vita e per le persone che ha potuto salvare.
Suor Beatrice Maw, missionaria birmana dell’Ordine della Riparazione, ha raccontato la vita delle sue consorelle in Myanmar, martiri viventi: condividono le persecuzioni e le violenze della popolazione, a seguito del colpo di stato. È convinta che l’amore vince. Il martirio è dono di amore, non spreco.
Zakia Seddiki, musulmana, moglie dell’ambasciatore Attanasio. Ne racconta il carattere di persona normale, ma convinta del valore dell’umanità e del fatto che non si deve lasciare nessuno indietro.
I martiri non muoiono: senza quella tragedia non si parlerebbe dei problemi del Congo.
I martiri sono testimoni di vita che insegnano tutti i giorni.
Bisogna vivere per dono indipendentemente dalla connotazione politica.
Padre Pier Luigi Maccalli, vittima di rapimento che è durato 2 anni, nel Sahel, in Niger.
In quel periodo si è posto tre domande:

Ero nel posto sbagliato al momento sbagliato? Si è risposto No, ero tra la mia gente. Il Niger è il posto dove il Vangelo mi ha mandato.

Quando è stato messo in catene, ha chiesto: mio Dio, perché mi hai abbandonato? Domanda lecita, fatta anche dal Figlio nell’Orto degli Ulivi. Ha trovato in sé questa risposta: se i miei piedi sono incatenati, il mio cuore è libero, si è rifugiato nella preghiera e ha compreso che poteva continuare ad essere missionario e a chiedere la pace.

Amate i vostri nemici: Come faccio a mettere i miei carcerieri sullo stesso piano di coloro che amo? I suoi carcerieri lo vedevano come un nemico, da combattere e convertire. Ha letto in sé il libro della Croce: Padre perdona loro che non sanno quello che fanno. È riuscito a perdonare i carcerieri dal profondo del cuore e, il giorno del rilascio, ha detto loro: Dio ci dia di capire un giorno che siamo tutti fratelli.

Padre Christian Carlassare, vescovo del Sud Sudan. Vittima di un attentato, vivo per miracolo, ha compreso che non si può essere fratelli e prossimi se non si portano le stesse ferite. L’altro non è un nemico, ma fratello o sorella. Il perdono gli ha liberato il cuore, lo ha fatto diventare padre, realizzando quanto siamo chiamati ad essere. Bisogna sapersi abbracciare e non lasciare nessuno fuori.

Le considerazioni finali sono state rivolte al tema del dono della vita:

I monaci martiri di Tibhirine dicevano: non possono rubarci le nostre vite perché le abbiamo già donate.

Padre Maccalli: prima che gli uomini di Ben Sharaf, a rapirmi è stata la passione per il Vangelo. Ai giovani dico: fatevi rapire da ideali grandi.

Si sono tenuti anche incontri su temi non strettamente legati alla missione, ma di importante impatto sulla vita delle persone e del mondo.
Giustizia e con-dono, con la Ministra Marta Cartabia, il Professor Adolfo Ceretti e Nelly Leon, moderato da Ferruccio De Bortoli. Si è parlato di giustizia riparativa, punto cardine della riforma della giustizia, la cui stesura è appena stata completata. Con l’aiuto di mediatori, si fanno incontrare vittime e colpevoli, come i parenti delle persone uccise negli anni di piombo e i responsabili della lotta armata. I protagonisti delle vicende hanno così voce, vengono messi al centro, e affrontano il difficile compito di narrare il male imposto e subito, recuperano la loro identità. Non si ricostruisce l’ordine, ma si accoglie il disordine.
Il male esiste, i conflitti lasciano dietro di sé scorie che non si possono riparare. Ma il guardare nel profondo le radici che portano al male aiuta a ripartire.

Un brigatista rosso ha pronunciato queste parole: Volevi portare la vita, hai portato la morte. Volevi difendere la dignità della vita e sei finito a spalleggiare l’oscenità della morte. Volevi eliminare l’immiserimento dei sentimenti e pensieri quotidiani e hai portato quotidiana desolazione nei cuori. Allora, il carico che devi affrontare non è solo quello di aver tradito la vita, ma anche quello, ancor più pesante, di aver tradito te stesso”.

La cura della casa comune. È stata riportata la testimonianza accorata di Padre Dario Bossi (comboniano) missionario in Brasile nello stato di Maranhao, di Ana Varela Tafur (poetessa peruviana dell’Amazzonia) e di Cecilia Dall’Oglio (Movimento Laudato Si’). È stato descritto il dramma dell’Amazzonia, il cui destino ha ed avrà conseguenze sempre più drammatiche e irreversibili sull’ambiente, sulle popolazioni, e l’intera umanità. Tutto ciò a causa del perdurante sfruttamento impietoso e sistematico delle risorse locali, da parte delle economie occidentali e della Cina.
È importante, da parte nostra, restare informati su queste realtà, per prendere coscienza che anche noi siamo chiamati a dare il nostro piccolo ma significativo contributo attraverso uno stile di vita rispettoso del Creato.

Molto spazio è stato dato ai giovani, con la preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù, un concerto e la mostra Giovani protagonisti: storie di ragazzi di tutte le confessioni religiose che hanno fatto la cosa giusta anche in condizioni avverse, hanno denunciato le ingiustizie e combattuto contro di esse, pagando un alto prezzo personale, anche con la vita.

Le altre mostre, nella Chiesa di San Lorenzo, sono state:

  • Charles de Focauld, esploratore del mondo e del mistero di Gesù:
  • Mio Dio, se esisti, fa che io Ti conosca.
  • Appena ho creduto che Dio c’era, non ho potuto fare altro che vivere per lui. La mia vocazione religiosa ha la stessa data della mia fede.
    Diventa monaco missionario, fratello universale, sceglie il deserto del Sahara, tra i Tuareg, per vivere nella povertà della contemplazione e nell’umiltà, testimoniando fraternamente l’amore di Dio tra Cristiani, Ebrei, Musulmani.
    Viene ucciso dai predoni in un eremo che aveva costruito per proteggere i Tuareg.
  • Don Primo Mazzolari, Parroco di Bozzolo. Definito da Papa Giovanni XXIII “la tromba dello Spirito Santo in terra mantovana”, scomoda figura del cattolicesimo italiano del 900, pacifista, forte oppositore del regime fascista e sostenitore dell’obiezione di coscienza. Ha avuto scontri con l’autorità della Chiesa, che gli ha imposto di non pubblicare i suoi scritti. È rimasto obbediente “in piedi”, ha scelto di rimanere all’interno della Chiesa, rispettando regole e imposizioni, senza smettere di annunciare e di testimoniare il Vangelo e continuando a rispondere secondo coscienza.
    Nella sua preghiera “Il Cristo Lavoratore” dice: Cristo ci vuole operai, non contemplatori dei disegni e della volontà del Padre.
    Il suo pensiero era che la Chiesa abbia bisogno di confrontarsi con il presente, per poter essere punto di riferimento nella società.
  • Nuns Healing Hearts. Attività della rete internazionale di suore cattoliche “Talitha Kum”, incentrata sulla prevenzione del traffico di vite umane, tramite protezione, reinserimento sociale e azioni tese a prevenire le cause della tratta.
  • Oltre i muri. Immagini, storie e volti di chi è vittima di muri oggi.
    Nel mondo 70 barriere (che potrebbero coprire la circonferenza della terra) separano, blindano ed escludono vite umane. Solo in Europa sono presenti 16 recinzioni.

Oltre ai muri fisici esistono i muri interiori, fatti di paura, diffidenza, odio e sospetto. Sono barriere che si superano con l’incontro, la conoscenza di ciò che siamo e che possiamo fare per chi è dall’altra parte del muro.

PAROLE CHIAVE E SPUNTI DI MEDITAZIONE

Se hai la fede, non puoi fare a meno di

  • Vivere il Vangelo
  • Essere operaio della volontà del Padre
  • Non lasciare nessuno solo o indietro
  • Vivere per dono
  • Fare la cosa giusta
  • Testimoniare
  • Combattere l’ingiustizia

Il dono ricevuto è più grande di quello donato

Consegne ai gruppi missionari:

  • imparare l’arte del rammendo, cioè non volere risolvere subito i problemi troppo grandi, ma giorno per giorno ricucire e aggiustare qualcosa
  • Papa Francesco confida nei giovani per creare una nuova economia. I gruppi missionari dovrebbero “stimolare ” i giovani su questo.
  • “Il segreto della tredicesima”, cioè Dina la tredicesima figlia di Giacobbe, che viene dimenticata e non ascoltata. Come la Maddalena, la tredicesima discepola che non viene creduta ed ascoltata dagli altri discepoli quando annuncia la resurrezione di Gesù. Quindi ascoltare coloro che vengono dimenticati e non ascoltati.
  • Come gruppi missionari fare tanta cultura, nel senso di far conoscere le realtà missionarie, le tante esperienze esistenti nel mondo e promuovere l’essere comunità, fraternità.

Siamo stati tutti invitati a srotolare il gomitolo del logo del Festival per tessere una rete di relazioni feconde perché, come dice ancora Papa Francesco, “i semi si trasformano in grandi alberi, in boschi fitti di speranza per ossigenare questo mondo”

Ed ora guardiamo al dopo Festival per proseguire, con audacia, nel nostro cammino missionario!

Tutte le fotografie degli eventi si possono trovare alla pagina

https://www.festivaldellamissione.it/foto

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